Nell'ambito della psicologia del profondo troviamo atteggiamenti assai diversificati nei confronti della religione.
Tra i fondatori di tale approccio alla conoscenza della personalità, si trova S. Freud (1856-1939) che considerava la religione una nevrosi collettiva, in modo assai simile a K. Marx (1818-1883) e F. Engels (1820-1885).
Opposta è l'opinione di C.G. Jung (1875-1961) che, soprattutto nella psicologia degli archetipi, dava ampio spazio all'atteggiamento religioso nel contribuire a forgiare la personalità del singolo individuo nel corso della sua storia soggettiva ed in quella umana.
Intermedia appare la posizione di A. Adler (1970-1937) che, sostanzialmente agnostico, senza dare particolare importanza alla religione, la riteneva, comunque, un fattore positivo per lo sviluppo di una personalità equilibrata.
La teoria elaborata da Adler, nota come Psicologia Individuale, presenta un aspetto molto interessante per quanto riguarda la religione, in particolare quella cristiana.
Egli sosteneva che l'essere umano è in conflitto con se stesso in quanto due opposte istanze si agitano nella sua mente in parte conscia, ma prevalentemente inconscia.
Da un lato vi è il sentimento sociale che si declina nelle varie componenti dell'amore: intimità fisica, amicizia, empatia, collaborazione. Dall'altro vi è l'aspirazione alla superiorità che nella sua forma più intensa si trasforma in volontà di potenza: non solo ricerca del potere, ma anche odio, aggressività, violenza verbale e fisica individuale e di gruppo.
La teoria adleriana è assai più complessa rispetto a quanto esposto. Si può, comunque, osservare, che la ricerca psicologica può giungere a conclusioni simili a quanto appartiene al settore di competenza della religione: la storia del singolo individuo e di tutta l'umanità può essere interpretata come la lotta del bene contro il male, dell'amore contro l'odio, della collaborazione contro la competitività.
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