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martedì 30 agosto 2022

Lo sdoppiamento ideo-affettivo

 

Telegiornale

Stando nel cerchio d'ombra

come selvaggi intorno al fuoco

bonariamente entra in famiglia

qualche immagine di sterminio.

Così ogni sera si teorizza

la violenza della storia.

N. Risi (1994)


La dissociazione ideo-affettiva è un concetto basilare in psichiatria (Scarso, 2013) per comprendere diversi aspetti della psicopatologia.

Qui si vuole affrontare il tema che potremmo definire dello sdoppiamento ideo-affettivo e comportamentale le cui rilevanze cliniche sono meno importanti, ma la cui frequenza quotidiana ed incidenza psicologica non sono di secondaria importanza.

Come puntualizza molto bene la poesia di Risi, molto spesso, quando guardiamo il telegiornale, comodamente seduti in poltrona, soli o in ambito familiare, veniamo bersagliati da immagini e notizie di violenza, distruzione e sterminio.

Questo è particolarmente attuale nel caso della guerra in Ucraina che risulta, forse, la più documentata di sempre dai mass-media.

Le immagini più paurose ci sono generalmente risparmiate, ma le notizie ci raggiungono in modo diretto e immediato. Compaiono, comunque, fotografie e filmati di distruzione e sofferenza umana fisica e psichica.

Assistiamo a fatti che avrebbero su di noi un impatto emotivo enorme se fossimo presenti come protagonisti o spettatori, tali da causare reazioni psicologiche anche gravi.

La distanza imposta dallo schermo, il contesto casalingo in cui ci troviamo, riduce o annulla l'impatto emotivo così tanto che possiamo continuare le nostre attività quotidiane ivi compreso pranzare o cenare in contemporanea al telegiornale o subito prima o dopo con, appunto, uno sdoppiamento ideo-affettivo e comportamentale.

Tale situazione comporta un rischio psicologico più volte additato da Papa Francesco come un grande pericolo per la nostra epoca: la cultura dell'indifferenza basata sull'abitudine e l'assuefazione alla sofferenza da cui rimaniamo distanti ed estranei.

Dovremmo assumere maggiore consapevolezza per una migliore convivenza fraterna e per non smarrire il sentimento sociale (Adler, 1911) e il sentiero indicatoci dalla misericordia di Dio.




lunedì 13 giugno 2022

Il quinto Vangelo

 

Non si vuole qui fare riferimento all'omonimo romanzo di I. Caldwell (2004), ma riflettere su alcune considerazioni di don Michele Do (1990):

“...ognuno di noi ha la sua storia, il suo quinto Vangelo scritto da mani amiche, da incontri che nella vita hanno incrociato con noi, ci hanno battezzati nel nome di Cristo.”

Proprio in questo periodo segnato da una guerra scatenata e condotta in modo particolarmente barbaro e crudele oltre che da tanti fatti di soprusi, violenze, persecuzioni, queste parole appaiono di grande conforto morale e psicologico.

Secondo don Do il quinto Vangelo è quello che l'umanità ha scritto, sta scrivendo e scriverà ogni volta che qualcuno compie un'opera che s'inserisce nello spirito dei quattro Vangeli, un atto d'amore verso Gesù e il prossimo.

Il quinto Vangelo appartiene alla storia dell'essere umano, è quello che ognuno di noi scrive quando si rivolge all'altro nell'abbraccio misericordioso del “noi”.

Questo Vangelo è la continuazione umile e silenziosa dei canonici quattro, ma forse li precede: Dio si è calato nella storia dell'uomo in un momento preciso per additarci con luce più intensa rispetto al passato la via del bene e dell'amore reciproco. In psicologia si può fare riferimento al “sentimento sociale” (A. Adler, 1911).

L'inizio storico del quinto Vangelo potrebbe essere ravvisato negli “Atti degli Apostoli” dove si narra dei primi passi compiuti dalla comunità dei discepoli di Gesù dopo la sua ascesa al cielo.

In particolare si può pensare alla discesa delle Spirito Santo sugli apostoli nel giorno della Pentecoste (Atti 2, 1-13) estendendosi poi alla comunità dei primi discepoli.

“Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo” (Atti 2, 46-47).

giovedì 5 maggio 2022

Lettera a Papa Francesco

 

Sua Santità Papa Francesco,

sono rimasto fortemente impressionato da quanto Lei ha detto, in particolare circa il diritto al perdono se lo si chiede.

Queste e altre parole resteranno un viatico per quanto resta del giorno come medico, marito, padre e nonno.

Desidero soffermarmi sulle sofferenza dei bambini. Io ne so molto meno di Lei.

Tuttavia, le Sue parole mi hanno ispirato una riflessione.

Forse Dio ha permesso la loro sofferenza per offrirci la possibilità di essere migliori.

Se sapessimo vedere, ascoltare, sentire veramente il loro dolore, forse saremmo più buoni, forse ci sarebbero meno odio, violenza e persino meno guerre.

Mi sembra, però, che abbiamo perso questa opportunità come tante altre.

D'altronde leggevo in “Sept vies pour Dieu et l'Algerie”, che i regali di Dio non sono sempre facili.

Pregherò per Lei anche perché fa tanto bene a me.

Con profondissima devozione e i saluti più cordiali.





sabato 29 gennaio 2022

Il Discorso escatologico (segue)

 

Si desidera approfondire e completare “Il Discorso escatologico” (aggiornamento del 15/06/2017) e quello precedente del 13/11/2021 con un breve passo del Vangelo di Luca (19, 41-44) che appare più esplicito rispetto al Discorso nella sua globalità, a seguito di una costante rilettura del Nuovo Testamento sia per un arricchimento personale che ai fini della ricerca.

“Quando fu vicino alla città, Gesù la guardò e si mise a piangere per lei. Diceva: Gerusalemme, se tu sapessi, almeno oggi, quel che occorre alla tua pace! Ma non riesci a vederlo! Per te verrà un tempo nel quale i tuoi nemici ti circonderanno di trincee. Ti assedieranno e penetreranno su di te da ogni parte. Distruggeranno te e i tuoi abitanti e sarai rasa al suolo, perché tu non hai saputo riconoscere il tempo nel quale Dio è venuto a salvarti”.

Tale frase compare prima del discorso escatologico, relativamente isolata rispetto al contesto in cui è inserita e, come già detto, risulta più chiara e comprensibile.

Appare importante notare dal punto di vista psicologico la grande compassione di Gesù che piange per il destino di Gerusalemme e dei suoi abitanti.