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giovedì 7 novembre 2019

"Certe cose le capirete poi"


“Certe cose le capirete poi”. Con tali parole Gesù risponde a una domanda di Pietro mentre lava i piedi degli apostoli (Giovanni 13, 7).
Così commenta Don Do (1968): “Le realtà religiose sono più grandi di noi, non è possibile 'capirle'. Il cristianesimo non è capire tutto: esso è come Maria che rimeditava in cuore (Luca 2, 19), portare dentro alcune grandi parole, è attesa paziente, e sotto l'urto degli avvenimenti quelle parole si illuminano e saranno la luce e la risposta”.
Erasmo da Rotterdam (1503) osservava che non tutto è facilmente comprensibile nel Nuovo Testamento. Invece di erigere dogmi, la Chiesa dovrebbe ammettere che certe parole non sono del tutto intellegibili e lo scorrere del tempo probabilmente permetterà di coglierle nel loro giusto significato.
Tali osservazioni appaiono importanti per un accostamento psicologico agli scritti evangelici (“Psicologia e Nuovo Testamento. Riflessioni sulla risurrezione”, aggiornamento del 1/10/2018).
La comprensione di determinati fatti spesso richiede tempi di riflessione interiore e condivisa. Ciò capita a chiunque nella vita quotidiana.
I Vangeli ci presentano uomini che si trovano nella condizione di comprendere per poi divulgare un messaggio di enorme levatura spirituale. Ciò ha richiesto tempo pieno di dubbi, incredulità, spesso risolti da accadimenti successivi e da riflessioni anche comunitarie.
Ne è un chiaro esempio la risurrezione che Gesù ha più volte predetta in modo più o meno esplicito, ma compresa solo dopo che si è verificata. I Vangeli a questo proposito e riguardo a diversi altri episodi, non nascondono le difficoltà umane dei discepoli, fornendoci un racconto psicologicamente valido e veritiero.
Ancora don Do afferma: “Il cuore dell'uomo è il primo Vangelo”.

giovedì 26 settembre 2019

Psicoterapia e cammino religioso


Desideriamo riportare un passo dell'omelia del 17/03/1985 di don Michele Do che ci pare molto significativo nell'accostamento tra psicologia e religione:

“Certe chiarificazioni avvengono non con uno sforzo soltanto intellettuale, ma si chiarificano nella logica della fedeltà. Come un frutto maturo sull'albero, ma non puoi violentare la linfa perché maturi prima.”

Ci sembra che queste poche parole sintetizzino non solo il percorso religioso personale, ma anche le caratteristiche del lavoro psicoterapeutico che si sviluppa lentamente nel tempo, in un rapporto di fiducia, lasciando che le risorse interiori si manifestino producendo i loro frutti maturi come nella maieutica di Socrate.

mercoledì 26 giugno 2019

Condivisione


San Martino

E' famoso l'episodio di San Martino che tagliò il proprio mantello e ne regalò una metà ad un mendicante.
Tale fatto sarebbe avvenuto quando Martino era ancora un soldato romano. Solo più tardi si convertì al cristianesimo diventando successivamente vescovo di Tours in Francia.
Un giorno fui colto da un dubbio: si trattava di un gesto di carità dimezzato? Avrebbe potuto donarglielo tutto.
Tuttavia, riflessioni successive mi permisero di capire meglio e più profondamente il valore di tale gesto: la condivisione che accomuna gli esseri umani.
San Martino non avrebbe più potuto usare il mantello come tale, ma tutt'al più come una coperta: lo stesso uso che ne avrebbe fatto il mendicante.

Condividere rende uguali.


lunedì 13 maggio 2019

Guarigioni inspiegabili tra scienza e fede


Il paralitico di Listra

C'era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava il discorso di Paolo e questi, fissandolo con lo sguardo e notando che aveva fede di essere risanato, disse a gran voce: “Alzati diritto in piedi!”. Egli fece un balzo e si mise a camminare (Atti degli Apostoli 14, 8-10).

Nella città di Listra, situata in Anatolia, San Paolo, mentre predicava alla folla, notò quest'uomo e colse in lui una fede tanto forte da conferirgli la fiducia di essere guarito.
Questo episodio appare molto significativo ai fini di un'analisi psicologica del Nuovo Testamento e, in particolare, delle guarigione miracolose che vi sono descritte.
Da una parte vi è un atteggiamento di ascolto alla predicazione di un messaggio innovativo rispetto alla cultura del tempo sia essa ebrea che pagana. Del paralitico non viene precisato a quale religione appartenesse, ma sappiamo che Paolo si rivolgeva a tutti indistintamente (Atti degli Apostoli 14, 1-7).
La malattia e la sofferenza rendono più incline la persone ad accettare un messaggio pieno di speranza, in questo caso la buona novella che è l'esatto significato della parola “Vangelo” che deriva dal greco “euanghelion”.
Dall'altra vi è l'empatia: la disposizione d'animo a rivolgersi agli altri con atteggiamento di benevola comprensione, soprattutto quando si tratti di persone bisognose di aiuto.
A Paolo è sufficiente uno sguardo per cogliere la speranza piena di fede negli occhi del paralitico.
Nel passo descritto questi due ingredienti si sarebbero dimostrati di tale forza tanto da suscitare un intervento trascendente che la scienza definisce “guarigione inspiegabile” e la fede “miracolo" (G. Scarso, Il nesso di casualità, 2009).

lunedì 15 aprile 2019

La pietra scagliata


Il cristianesimo ha dato un grandissimo contributo allo sviluppo nell'arte nel Medio Evo, nel Rinascimento ed anche in epoche successive fino ai giorni nostri in letteratura, nella musica, nelle arti raffigurative e in architettura.
La fede ha dato origine a grandi capolavori che ne testimoniano lo spirito creativo, presente anche nell'arte povera e semplice come quella degli ex-voto.
Il racconto che segue vuole essere un piccolo contributo a questo cammino di fede.

Mi sentii sollevare da terra e mi ritrovai stretta nella mano destra di un vecchio dalla barba bianca.
Altre mie compagne erano state afferrate da diversi uomini di tutte le età che si trovavano in gruppo a trascinare con pochi riguardi una giovane donna.
Da quel poco che potevo capire saremmo state lanciate tutte insieme per colpirla fino a provocarne la morte.
Non so che cosa avesse fatto per meritare tale pena ed io, insieme a tanti altre pietre come me, sarei stata lo strumento di una esecuzione secondo una legge a me ignota.
Davanti a quel gruppo di gente arrabbiata stava seduto a terra un uomo, a capo chino, la mano destra intenta a tracciare dei segni nella polvere con il dito indice.
Poi sentii la sua voce dire: “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.
Sentii che tutte le mie compagne furono lasciate cadere a terra.
Io, invece, fui scagliata con rabbia, ma non contro quella donna, ma in aria, in alto nel cielo.
Non fu certo la forza di quel vecchio, ma sicuramente ciò che viene chiamato miracolo, a scagliarmi così in alto nel cielo dove, nel buio, brillavano le stelle.
Mi ritrovai, così, roteando su me stessa, a girare intorno a quella Terra da cui ero partita.
Mai avrei pensato in vita mia di assistere ad uno spettacolo così meraviglioso.
Passò diverso tempo, quanto non so.
Poi un giorno, o una notte, perchè nello spazio dove brillano le stelle, credo che non si distingua l'uno dall'altra, incontrai nuovamente quell'uomo vestito di una candida tunica.
Il capo, il volto, le mani, i piedi portavano i segni di un'atroce sofferenza, ma il suo sguardo esprimeva una sovrannaturale serenità.
Non so se mi riconobbe, pietra fra le tante, anche se sono convinta che il miracolo sia stato opera sua, non so perché.
Il suo volto si distese in un sorriso che esprimeva una bontà sovrumana e i segni della sofferenza scomparvero come d'incanto dal suo corpo.
Mi disse: “ti ho fatta salire fino in cielo per farti tornare sulla Terra, ma non ci arriverai perchè brucerai e ti polverizzerai in un nulla”.
Lo so che le pietre non parlano e non riescono ad esprimere in alcun modo le emozioni, anche le più intense. Lui dovette indovinare i miei pensieri o, forse, già li conosceva.
Le pietre non parlano, non sanno esprimersi, ma pensano in silenzio, come tutti d'altronde.
“Stai tranquilla, baderò a che tu non abbia a soffrire”.
Mi sentii rassicurata e volevo ringraziarlo, ma non sapevo come.
Poi aggiunse:” Scenderai quando è notte nel paese dove ci siamo incontrati la prima volta e formerai al tuo passaggio una scia splendente, ma che durerà solo pochi istanti, sufficienti, però, perchè una bambina possa vederti e com'è d'uso in questi casi sulla Terra, esprimere un desiderio”.
Volevo ancora chiedergli quale sarebbe stata la richiesta di quella bambina, ma ero fiduciosa che avrebbe soddisfatto la mia curiosità con la sua benevola sollecitudine.
Infatti, disse ancora: “domanderà che un giorno, anche se lontano la verità renderà libere le donne al pari degli uomini in tutto il mondo fino alla fine del tempo”.
Sparì dalla mia vista con la stessa immediatezza con cui io mi precipitai verso la Terra.
Mi consumai splendendo per un istante come una stella cometa, io umile pietra, nella speranza che si realizzasse il sogno di una bambina.

giovedì 7 marzo 2019

Cristianesimo e povertà

Ad iniziare proprio dalla predicazione di Gesù la povertà è posta al centro della vita del cristiano.
Si tratta, innanzitutto, della povertà di spirito: la semplicità di cuore, l'umiltà, ma anche la povertà materiale, non intesa come indigenza, mancanza del necessario, miseria. Dacci oggi il nostro pane quotidiano: avere ciò di cui si necessita per vivere con dignità senza, però, affannarsi per accumulare ricchezza a scapito degli altri, bensì mostrare disponibilità a usare i propri beni per cercare di soccorrere i più bisognosi.
Si tratta di un atteggiamento psicologico piuttosto che una condizione di fatto.
San Francesco ha fatto di questo valore il centro della propria vita e dell'ordine monastico da lui fondato.
Numerosi sono gli esempi che si possono trovare nella storia del cristianesimo.
Ci si limita a citare G. Bernanos che nel “Diario di un curato di campagna” (1936) scrive pagine bellissime sulla “ricchezza psicologica” della povertà che rende l'uomo più libero di dedicarsi al bene più prezioso che ha: la propria spiritualità.
Don Primo Mazzolari mette il tema della povertà al centro del suo libro “La via crucis del povero” (1953).
Tale ideale di vita appare difficilmente praticabile in una società sempre più paganamente adoratrice della ricchezza e del successo.
Scegliere la povertà come stile di vita presuppone un atteggiamento di solidarietà sociale, non del tutto assente, ma non particolarmente diffuso.
D'altronde già negli anni '40 del secolo scorso, Bernanos definiva le democrazie occidentali come “dittature economiche”.
Desideriamo affidarci ad alcuni passi tratti dal libro di Don Mazzolari per la profondità psicologica che dimostra nello sviluppare questo tema in particolare e più in generale la scelta di fede cristiana.

- Quando non c'è più ragione di credere, allora incomincia la fede: quando non c'è più ragione di sperare, incomincia la speranza.
- Chi ha poca carità vede pochi poveri. Chi ha molta carità vede molti poveri. Chi non ne ha nessuna non ne vede nessuno.
- La carità è la poesia del cielo portata sulla terra.
- Cristo che si fa “vedere” nel povero, che fa splendere quello che gli uomini non vogliono vedere, è anche il più grande dei poeti.
- Chi è ricco è meno uomo: chi è misero è meno uomo. Il povero secondo il Vangelo è l'uomo: la condizione per essere vero uomo. 
- Se Gesù non ha disdegnato di mettersi vicino a me e di ascoltare la mia povertà come condizione della sua vita umana, io sono quell'uomo.
- Chi dice di amare Dio che non vede e poi chiude il suo cuore al fratello che vede, è un menzognero, cioè un falso cristiano.
- Il Regno dei Cieli è segnato da questa divina somiglianza fra il Cristo e i poveri.
- Creandomi, Dio si è creato un giudice.
- A Dio non importa essere giudicato.
- Il peccato è Dio giudicato dagli uomini.
- L'uomo non vuole riconoscere che non basta a se stesso e che deve dipendere dall'Altro.
- Il male che si riceve è una beatitudine.
- Dio è giustizia: l'uomo legalità.
- Un giorno gli riconobbero negli statuti il diritto all'eguaglianza economica: gli comunicarono un po' di scienza e gli tolsero la fede: lo esaltarono nella piazza, lo avvilirono nelle fabbriche.



giovedì 31 gennaio 2019

Approccio psicologico e ricerca storiografica: un esempio applicato al Nuovo Testamento


Gli “Atti di Pietro e Paolo” sono uno scritto apocrifo in greco datato al IV secolo d.C.
Vi sono descritti il martirio di San Pietro, crocifisso a testa in giù per suo stesso volere, e di San Paolo, decapitato in quanto cittadino romano.
Ciò avviene dopo una discussione pubblica in presenza di Nerone ed il racconto ha accenti decisamente favolistici.
Tuttavia, potrebbe contenere un nocciolo di verità in quanto vi è un ampio consenso in tale ambito di ricerca sulla base degli scritti dei primi padri della chiesa (Gerolamo, Tertulliano, Eusebio, Origene) che Pietro e Paolo siano morti fra il 64 ed il 67 d.C. durante il regno di Nerone e le sue persecuzioni contro i cristiani.
Appare interessante mettere in relazione questi fatti, sia pure ipotetici, ma ritenuti assai attendibili, con la predizione fatta da Gesù a Pietro circa la sua morte: “In verità, in verità ti dico: quando eri giovane ti cingevi le vesti da te e andavi dove tu volevi, ma quando sarai diventato vecchio tu stenderai le braccia ed un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai (Giovanni 21, 18)”. Nel Vangelo si legge ancora :”Disse questo per indicare con quale genere di morte doveva glorificare Dio (21, 19)”.
Tali parole indicherebbero una morte per crocifissione.
E' da notare che Giovanni avrebbe scritto il suo Vangelo intorno al 100 d.C., quindi alcuni decenni dopo il martirio di Pietro.
Risulta difficile pensare che nella comunità cristiana dell'epoca tale fatto non fosse conosciuto, considerata l'importanza ed il carisma dell'apostolo che veniva considerato come il primo fra i discepoli del Messia. Giovanni avrebbe potuto riportarlo così come si era svolto.
Eppure no, si attiene alle parole che Gesù aveva pronunciato.
Nulla viene cambiato al ricordo di quanto detto dal Maestro.
Secondo un criterio di comprensione su base psicologica, la scelta di Giovanni di attenersi alle parole di Gesù dimostra un importante aspetto di veridicità.
Appare, infatti, più probabile che un discepolo di Gesù abbia preferito riportare le sue parole piuttosto che modificarle sulla base di fatti successivi. La verità viene prima di tutto ed è preferita ad una versione che avrebbe dato maggiore forza alla previsione stessa per i lettori contemporanei e futuri.

Tale ricostruzione ha valore puramente ipotetico in quanto basata su una analisi psicologica verosimile di fatti non più accertabili.