“Certe cose le capirete
poi”. Con tali parole Gesù risponde a una domanda di Pietro mentre
lava i piedi degli apostoli (Giovanni 13, 7).
Così commenta Don Do
(1968): “Le realtà religiose sono più grandi di noi, non è
possibile 'capirle'. Il cristianesimo non è capire tutto: esso è
come Maria che rimeditava in cuore (Luca 2, 19), portare dentro
alcune grandi parole, è attesa paziente, e sotto l'urto degli
avvenimenti quelle parole si illuminano e saranno la luce e la
risposta”.
Erasmo da Rotterdam (1503) osservava che non tutto è facilmente
comprensibile nel Nuovo Testamento. Invece di erigere dogmi, la
Chiesa dovrebbe ammettere che certe parole non sono del tutto
intellegibili e lo scorrere del tempo probabilmente permetterà di
coglierle nel loro giusto significato.
Tali osservazioni
appaiono importanti per un accostamento psicologico agli scritti
evangelici (“Psicologia e Nuovo Testamento. Riflessioni sulla
risurrezione”, aggiornamento del 1/10/2018).
La comprensione di
determinati fatti spesso richiede tempi di riflessione interiore e
condivisa. Ciò capita a chiunque nella vita quotidiana.
I Vangeli ci presentano
uomini che si trovano nella condizione di comprendere per poi divulgare
un messaggio di enorme levatura spirituale. Ciò ha richiesto tempo
pieno di dubbi, incredulità, spesso risolti da accadimenti
successivi e da riflessioni anche comunitarie.
Ne è un chiaro esempio
la risurrezione che Gesù ha più volte predetta in modo più o meno
esplicito, ma compresa solo dopo che si è verificata. I Vangeli a
questo proposito e riguardo a diversi altri episodi, non nascondono
le difficoltà umane dei discepoli, fornendoci un racconto
psicologicamente valido e veritiero.
Ancora don Do afferma:
“Il cuore dell'uomo è il primo Vangelo”.
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