“La tolleranza è la
necessaria conseguenza della comprensione della nostra imperfezione
umana. Errare è umano e a noi questo capita continuamente. Perciò
perdoniamoci gli uni gli altri le nostre follie. Questo è il primo
principio del diritto naturale” (Voltaire, 1763).
Con queste parole
Voltaire va al cuore della tolleranza che è prima di tutto perdono
in base alla morale della filosofia illuminista.
Senza di essa viene meno
ogni presupposto per la convivenza civile nel rispetto reciproco
delle diversità di idee e stili di vita.
Talora, però, la
tolleranza rischia di diventare indifferenza. Ciò può capitare
nella società attuale, nel cosiddetto villaggio globale, dove
l'informazione in tempo reale invade la nostra vita di notizie che
vediamo al di là di uno schermo o leggiamo sulle pagine dei giornali
con una partecipazione emotiva ridotta o assente.
Tale atteggiamento può
estendersi anche alla vita reale in cui siamo tolleranti perchè non
ci importa poi molto del nostra prossimo. L'assuefazione suscita il
desiderio egoistico di non rimanere coinvolti. La partecipazione è
spesso solo formale sia alle gioie che alle sofferenze.
Per contrastare questa
tendenza mi pare utile ricordare, oltre a Voltaire, le seguenti
parole di Don Michele Do (luglio 1984): “Ogni creatura è creatura
di Dio ed ecco allora non tanto la necessità della tolleranza
(parola laica) quanto di un'altra parola più alta e più bella: il
rispetto della sacralità di tutte le persone, davanti alle quali noi
dobbiamo chinare il capo e riverire Dio che vive, soffre, agisce,
grida con gemiti inesprimibili nelle profondità del cuore di
ognuno”.
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