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mercoledì 27 settembre 2017

"Noli me tangere"

Ampia e approfondita appare la dissertazione di M. Vanzini (2012) concernente le opinioni di alcuni studiosi del Nuovo Testamento per quanto riguarda la risurrezione di Gesù.
Secondo la sequenza posta dall'autore, si tratta di: H. Kessler (1989), W. Kasper (1974), J. Moltmann (1989), J. Ratzinger (1977), M. Bordoni (1982), G. O'Collins (1987), M.J. Harris (1990).
Vanzini compie un'analisi comparativa mettendo in luce differenze, similitudini e concordanze fra i vari autori.
Queste ultime possono essere sinteticamente riassunte nei seguenti aspetti:
- Gesù è stato risuscitato da Dio Padre,
- la risurrezione non è un ritorno alla vita precedente, ma rappresenta un qualcosa di nuovo, diverso, unico,
- la risurrezione riguarda il corpo che appare trasformato: inizialmente Gesù non viene riconosciuto, presenta delle potenzialità assenti in precedenza come entrare in una stanza a porte chiuse; è, comunque, in grado di mangiare e bere, conserva le ferite legate alla sua passione e morte, si manifesta solo ai fedeli,
- la risurrezione riguarda il corpo inteso come totalità della “persona”, soprattutto nelle sue caratteristiche di comunicare e relazionarsi con gli altri. La persona può essere intesa come la “storia vissuta” che la rende tale, diversa e unica rispetto ad ogni altra.
Su tali posizioni concorda anche H, Küng (2012), mentre J.P. Meyer (1991) sostiene che la risurrezione, a differenza della vita di Gesù, non può essere indagata con gli strumenti scientifici della storiografia, ma rimane esclusivamente oggetto di fede.
Rimandiamo al saggio “Credere per ragione” del 11/01/2017 per una riflessione su questi temi affrontati con l'ausilio dell'analisi psicologica applicata alle narrazioni evangeliche.
Le considerazioni di Vanzini inducono a riflettere sulla famosa frase rivolta da Gesù a Maria Maddalena, riferita da San Giovanni: “non mi toccare, perché non sono ancora asceso al Padre”, sulla cui traduzione ed interpretazione non vi è accordo fra i vari esegeti.
L'opinione più comune fa riferimento al fatto che il corpo trasformato di Gesù non poteva essere toccato da mano umana proprio per le sue nuove caratteristiche.
Tuttavia, Gesù inviterà l'incredulo San Tommaso a toccate la ferita nel suo fianco, cosa che non avverrà, poiché Tommaso immediatamente crede alla vista del Signore.
Il corpo trasformato di Gesù conserva, come già detto, le capacità di comunicare e relazionarsi con gli esseri umani, ma può avere assunto nuove potenzialità, estranee alla natura umana: comunicare e relazionarsi con Dio Padre.
Ovviamente questa è un'osservazione assolutamente marginale rispetto alla ricca dissertazione di Vanzini, ma può rappresentare un piccolo contributo utile per la comprensione, sulla base di competenze psicologiche, della narrazione evangelica.











sabato 23 settembre 2017

 “C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato finché non sia compiuto.”
(Luca 12, 50)
Siamo a circa metà del Vangelo secondo San Luca, ancora lontani dagli eventi della Passione.
Gesù parla del battesimo di sangue della sua morte in croce.
Gesù aveva già fatto più volte riferimento alla propria morte e risurrezione in modo più o meno esplicito, essendo poco compreso dai suoi discepoli.
Queste parole di Gesù sono meno conosciute rispetto a diversi altri episodi come, in particolare, l'angoscia manifestata nel Getsemani prima dell'arresto.
Sono pronunciate all'interno di un contesto più ampio in cui si parla della divisione che il messaggio evangelico porterà fra gli uomini all'interno di una stessa famiglia con la buona novella dell'annuncio del Regno di Dio.

Queste parole testimoniano che per tutta la vita Gesù non ha vissuto la consapevolezza della sua morte in croce con l'indifferenza di chi è al di sopra del dolore, ma con l'angoscia tutta umana che avvicina l'uomo a Dio e Dio all'uomo.

mercoledì 13 settembre 2017

La Giustificazione

Secondo San Paolo la giustificazione è l'intervento salvifico di Dio, mediante il quale gli uomini partecipano della stessa “Santità” di Dio (S. Cipriani, 1962).
Un'analogia con questo concetto, quasi con significato di parabola, può essere rappresentata dalla giustificazione scolastica, la cosiddetta “giustifica” nel linguaggio studentesco.
Quando un figlio/a minorenne è stato malato ed è rimasto a casa per diversi giorni, la riammissione a scuola necessita della giustificazione scritta da parte dei genitori. Questa attesta che il bambino/a è guarito e di conseguenza:
- non rappresenta più un rischio di contagio nei confronti dei compagni,
- l'ambiente non è più pericoloso nei suoi confronti per la possibilità di recidive.
Si può aggiungere che la guarigione è avvenuta grazie alle cure ricevute dai medici chiamati dai genitori di cui il bambino/a ha avuto fiducia ed ora è “giusto” per tornare nel mondo.
Tale analogia intende rappresentare la giustizia di Dio che giustifica, cioè rende giusti per la fede e per le opere di carità.



lunedì 4 settembre 2017

Assurdo ateo e assurdo religioso

Come l'uomo passerà in Dio se Dio non è passato nell'uomo?
Sant'Ireneo (180 d.C., circa)

A. Camus scriveva (1961): “l'assurdo dipende tanto dall'uomo quanto dal mondo ed è, per il momento, il loro solo legame”.
Nell'universo senza Dio di una parte importante dell'esistenzialismo, la consapevolezza che l'uomo ha di sé e della morte conduce a un divario incolmabile con il mondo, tanto da rendere assurda l'esistenza stessa sia dell'uno che dell'altro. L'essere umano si sente estraneo in questo universo.
“L'assurdo nasce dal confronto fra l'appello dell'uomo ed il silenzio irragionevole del mondo” e “l'uomo ha la consapevolezza di trascendere il mondo, ma la morte lo smentisce”. (A. Maurois, 1950).
Tuttavia non solo l'ateismo, ma anche il cristianesimo si confronta con l'assurdo.
“Credo perché è assurdo” è una frase attribuita a Tertulliano (210 d.C., circa).
“Noi predichiamo Cristo crocifisso: scandalo per i giudei, stoltezza per i gentili” scriveva San Paolo (1 Corinzi 1-23).
Erasmo da Rotterdam (1511) esalta questa “pazzia” che nasce dalla fede in Gesù Cristo morto sulla croce e nel cercare di uniformare la nostra vita sulla via che ci ha indicato nel Vangelo.
Sempre per Erasmo non è forse pazzia l'amore stesso che rende due innamorati ciechi e sordi ad ogni critica razionale? Non è grazie a questa pazzia che l'umanità continua il suo cammino su questa terra?
Non è, invece, assurdo e stolto un mondo come quello aristotelico, retto da un Dio che è Motore Immoto, ente assoluto che rappresenta il legame fra l'uomo e l'universo. E', infatti, razionale, ma irragionevole ed inumano secondo una logica cristiana.
Nell'ebraismo Dio è una Persona e nel cristianesimo questa Persona si fa persona umana per morire per l'uomo, per tutti gli uomini fino ai confini della terra, fino al termine del tempo.
L'assurdo cristiano si spinge ancora oltre: “Dio, creando l'uomo, si è reso dipendente da lui” (Benedetto XVI, 2011); “La scelta dell'incarnazione espone Dio alla vulnerabilità” (Y. Redalié, 2011).
Come può essere tutto ciò? Non ci è stato insegnato che Dio è perfetto in se stesso, bastante a se stesso?
Tuttavia, l'assurdo e la pazzia sarebbero proprio questo. La psicologia ci insegna che nell'amore si trova la completezza dell'essere umano e ciò è tanto più vero per Dio che, secondo il teologo J. Moltmann (1964), è il più “folle” innamorato dell'universo.
L'amore non può che essere rivolto al di fuori di sé.
In questa dipendenza, in questa vulnerabilità ritroviamo la vera perfezione di Dio che annulla l'assurdo. “Dio non giudica la nostra vita, ma la condivide, la assume” (G. Bernanos 1936).
L'amore è gioia e sofferenza.
Gesù è nel Getsemani, Gesù è sulla croce: è possibile immaginare Dio Padre indifferente? No, non è possibile.
Non sarebbe umano, non sarebbe divino. Infatti, secondo Moltmann, sulla croce non è in agonia soltanto Gesù, ma anche il Padre per il quale visse e predicò.