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martedì 27 febbraio 2018

Ragioni per credere


Si desidera tornare brevemente sul saggio “Credere per ragione” del 11 gennaio 2017.
Il tema fondamentale era rappresentato dalla constatazione di una continuità di stile narrativo fra i racconti della Pasqua e quelli della Risurrezione.
Si sottolineava, in particolare, l'incredulità degli Apostoli davanti al Cristo risorto e la loro lenta presa di coscienza di questo evento che permetteva di ricordare e comprendere parole e fatti della vita di Gesù.
Tale criterio appare un indizio di credibilità e verisimiglianza su base psicologica dei racconti evangelici.
A testimonianza di ciò si vuole citare un passo tratto dal Vangelo di San Giovanni che fa seguito alla cacciata dei mercanti dal Tempio: “Intervennero alcuni capi ebrei e domandarono a Gesù: dacci una prova che hai l'autorità di fare queste cose.
Gesù rispose: distruggete questo tempio! In tre giorni lo farò risorgere.
Quelli replicarono: ci sono voluti quarantasei anni per costruire questo tempio e tu in tre giorni lo farai risorgere?
Ma Gesù parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questa cosa, e credettero alla Scrittura e alle parole di Gesù” (2, 18-22).
Un tipico esempio del funzionamento psicologico del ricordo, come già sostenuto nel saggio citato, è il recupero nella memoria di un fatto o di un detto che era scivolato nell'oblio in quanto non compreso e solo un evento successivo permette di ricordare poiché si comprende.
Il ricordo nel tempo dipende da molti fattori fra cui la comprensione che se ne ha immediatamente o in seguito.

giovedì 15 febbraio 2018

Psicoanalisi e Vangelo


La psicoanalisi freudiana ha assunto posizioni generalmente negative nei confronti della religione. S. Freud la considerava una nevrosi collettiva, mentre C.G. Jung e A. Adler, invece, avevano un'opinione assai più positiva come già visto nell'aggiornamento del 22/03/2017.
Nell'ambito del movimento psicoanalitico internazionale troviamo una posizione molto interessante espressa da F. Dolto, autrice insieme a G. Sévérin del libro “Psicoanalisi del Vangelo” del 1977.
Scrive la Dolto: “leggere i Vangeli vuole dire ascoltare, tramite quelli che lo hanno visto, udito e ne sono stati testimoni, la voce di Gesù, essere di carne e ossa mentre viveva sulla terra nella sua individualità scomparsa ormai ai nostri occhi. Egli parla al mio essere attualmente individuato. Parla al mio cuore e incita la mia intelligenza ad ascoltarlo e a desiderare l'incontro con lui”.
Sulla base di questa posizione, la Dolto analizza alcuni passi del Vangelo in modo laico, ma con una elevata sensibilità spirituale.
Fra questi si pone la nascita virginale di Gesù.
Citiamo alcune frasi sparse nel testo che rappresentano riflessioni molto arricchenti sia per i credenti di qualsiasi religione che per gli atei.
“Maria e Giuseppe rappresentano una coppia sposata in modo esemplare: il bambino non è frutto di una passione, ma di un amore.
Il loro desiderio è descritto come trasceso nell'amore della loro progenie: anzi hanno sottomesso il loro stesso destino alle Scritture.
Poiché sono sottomessi alle Scritture, cioè alla parola scritta di Dio, li considero coppia esemplare, coppia di parola appunto. Parola ricevuta, parola data.
Parola data che è venuta dalla parola ricevuta, creatrice e fecondatrice. Parola data di garantire per questa donna. Parola data per fare proprio questo bambino. Parola data di fidarsi, di essere madre senza sapere come.
Un padre deve sempre adottare il proprio figlio.
Non c'è padre che non sia adottivo.
Un uomo non è mai sicuro di essere il procreatore, deve fidarsi della parola della moglie.
Così, nella storia della coppia formata da Giuseppe e Maria, si ritrova la densità di ogni coppia”.
Inoltre, prosegue la Dolto, analizzando altri passi come la presentazione di Gesù al Tempio all'età di dodici anni, riceviamo l'insegnamento che i genitori non “possiedono” i loro figli, ma li mettono al mondo per vivere la vita che riusciranno e potranno scegliere nei limiti che la vita stessa impone.
Ciò deve valere anche per quanto concerne le scelte implicanti la religione.