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mercoledì 31 gennaio 2018

La tolleranza

“La tolleranza è la necessaria conseguenza della comprensione della nostra imperfezione umana. Errare è umano e a noi questo capita continuamente. Perciò perdoniamoci gli uni gli altri le nostre follie. Questo è il primo principio del diritto naturale” (Voltaire, 1763).
Con queste parole Voltaire va al cuore della tolleranza che è prima di tutto perdono in base alla morale della filosofia illuminista.
Senza di essa viene meno ogni presupposto per la convivenza civile nel rispetto reciproco delle diversità di idee e stili di vita.
Talora, però, la tolleranza rischia di diventare indifferenza. Ciò può capitare nella società attuale, nel cosiddetto villaggio globale, dove l'informazione in tempo reale invade la nostra vita di notizie che vediamo al di là di uno schermo o leggiamo sulle pagine dei giornali con una partecipazione emotiva ridotta o assente.
Tale atteggiamento può estendersi anche alla vita reale in cui siamo tolleranti perchè non ci importa poi molto del nostra prossimo. L'assuefazione suscita il desiderio egoistico di non rimanere coinvolti. La partecipazione è spesso solo formale sia alle gioie che alle sofferenze.

Per contrastare questa tendenza mi pare utile ricordare, oltre a Voltaire, le seguenti parole di Don Michele Do (luglio 1984): “Ogni creatura è creatura di Dio ed ecco allora non tanto la necessità della tolleranza (parola laica) quanto di un'altra parola più alta e più bella: il rispetto della sacralità di tutte le persone, davanti alle quali noi dobbiamo chinare il capo e riverire Dio che vive, soffre, agisce, grida con gemiti inesprimibili nelle profondità del cuore di ognuno”.  

mercoledì 17 gennaio 2018

La preghiera

L'uomo è spesso allenato nelle cose che fa e rischia di vivere alla superficie di se stesso.
La preghiera è uno spazio in cui l'uomo può raccogliersi dopo avere camminato in mezzo ai rovi a cui ha lasciato attaccato brandelli di anima.
Ci sono giornate in cui faccio tante cose, le cose mi occupano, io non so dare un nome alle cose, non sono signore delle cose e al termine ritrovo il vuoto.
La preghiera è il momento in cui ci raccogliamo di fronte a noi stessi e ritroviamo la parte più vera, più profonda di noi.
E' così raro parlare con qualcuno di ciò che si ha nel profondo: lì nascono le grandi amicizie. Il raccoglimento ci porta a un'attenzione a noi stessi, a uno stupore di fronte al miracolo che siamo (il “conosci te stesso” di Socrate).
Occorre distinguere nella giornata tra le cose URGENTI e le cose ESSENZIALI. Possiamo vivere tutta una vita correndo dietro alle cose urgenti e tralasciando sempre quelle essenziali.
Le cose essenziali non gridano mai, non si impongono, gli idoli urlano.
Occorre quindi molta attenzione per cogliere le cose importanti.
Talvolta è il nulla ad essere urgente. Occorre spendere alcuni giorni per dire: PENSIAMO.
Anche gli errori, se portati dentro, fermentano e diventano positivi.

Don Michele Do, giugno 1989


Queste parole appaiono ricchissime per intensità religiosa e profondità psicologica. Si offrono nella loro limpidezza spirituale per una riflessione rivolta sia ai cristiani che ai fedeli di altre religioni, ma anche ai non credenti.   

giovedì 11 gennaio 2018

Fondamentalismo religioso. Considerazioni psicologiche.

Tentare una comprensione psicologica del fondamentalismo religioso appare impresa ardua, ai limiti dell'impossibile, senza una conoscenza diretta di qualche soggetto integralista che abbia compiuto atti di terrorismo.
Non ci si può affidare a quanto riferito dai mass-media ai fini di un'analisi attendibile e la letteratura scientifica sull'argomento è anch'essa frammentaria e basata su notizie la cui fonte non è sempre facilmente verificabile.
Un tentativo può essere compiuto su base analogica essendo consapevoli dei limiti insiti in tale approccio.
Nella mia attività di psichiatra ho avuto modo di conoscere e assistere brigatisti sia rossi che neri anche per periodi abbastanza lunghi e di discuterne con i miei colleghi.
Si trattava per lo più di soggetti rei di omicidi ed attentati a sfondo politico.
In linea di massima erano individui per i quali si poteva fare diagnosi di disturbo di personalità borderline o antisociale caratterizzato da egosintonia, narcisismo, anempatia. Colpiva la loro assoluta sicurezza di essere depositari di una “verità" politica al punto tale di sentirsi in dovere di imporla con la violenza. Né io né i miei colleghi abbiamo mai colto un minimo sentimento di colpa o di vergogna. Noi stessi eravamo disprezzati come servi di un potere da loro ritenuto illegittimo.
Queste persone rappresentavano il braccio armato di un movimento culturale più vasto che andava sotto il nome di contestazione la cui realtà era assai poliedrica, ma con una base comune di sovvertire l'ordine costituito, giudicato ingiusto e prevaricatore.
L'analogia con l'attuale terrorismo su base religiosa appare fondato su questo aspetto: la presenza di persone che, provenienti da un determinato ambito culturale, colpiscono la società occidentale con attentati organizzati o improvvisati.
E' possibile ipotizzare che le persone colpevoli di tali reati presentino caratteristiche psicologiche simili a quelle dei brigatisti di matrice politica, ma è difficile approfondire tale congettura.
Ciò su cui si può maggiormente discutere è il rapporto intercorrente con la cultura religiosa di provenienza, in questo caso l'islam.
Questo non è riconducibile ad un unico contesto. Esistono diverse correnti religiose spesso in contrasto tra loro. Si possono rintracciare vari modi di interpretare il rapporto personale con la religione propria e altrui.
Una corrente, difficilmente valutabile quanto a diffusione numerica, considera l'occidente in contrasto con i valori dell'islam, intesi come principi religiosi normativi della vita civile. Ciò che non si trova nel Corano e nella più antica tradizione mussulmana viene respinto. Chi non si attiene a questa visione del mondo diventa, per le frange più estremiste, un nemico da combattere.
Agli occhi di queste persone la libertà stessa, la laicità, la democrazia estesa alle donne, il progresso tecnologico e scientifico, rappresentano aspetti negativi. Ancora di più lo sono la liceità della ricerca del successo, della ricchezza, della bellezza, della forza fisica ostentate dai mass-media occidentali.
Determinati aspetti della nostra cultura possono mettere in imbarazzo noi stessi per motivazioni etiche e religiose.
La diffusione della pornografia, della prostituzione, delle droghe, del gioco d'azzardo, delle truffe, della corruzione, della malavita organizzata, portano a riflettere che la società moderna o, almeno, parte di essa, ma molto rappresentata nei mezzi di comunicazione di massa altamente tecnologizzati, coltivi una sorta di culto per quelli che potremmo considerare degli idoli o proposti come tali anche per motivi di speculazione economica a cui siamo ormai assuefatti e che accettiamo quasi inconsapevolmente. A. Schweitzer (1958) ammoniva contro la crescente divaricazione che si sta creando tra evoluzione tecnologica e valori spirituali.
Si trova scritto nel Corano: “Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete i politeisti ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso” (IX, 5).
Maometto si riferiva ai pagani adoratori di idoli e, talora, portati ad una vita corrotta e dissoluta. Non aveva, di certo, in mente gli ebrei e i cristiani monoteisti, popoli del Libro come i mussulmani. I primi avevano la Torah, i secondi il Nuovo Testamento e per i terzi egli stesso stava scrivendo il Corano che è stato composto nella sua forma definitiva dopo la sua morte.
Ogni forma di violenza non può che essere rigettata con forza e risoluzione. E' impensabile imporre le proprie idee tramite la prevaricazione. “Il bene e il male non esistono in se stessi, ciascuno di essi è l'assenza dell'altro” (J. Saramago, 1997). Chi è convinto di combattere il male con la violenza, si fa, comunque, nemico di Dio.
Nel Corano troviamo frasi molto illuminanti come la seguente: “In verità coloro che credono, siano essi giudei, nazareni o sabei, tutti coloro che credono in Allah e nell'Ultimo Giorno e compiono il bene riceveranno il compenso presso il loro Signore. Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti” (II, 62; i nazareni sono i cristiani e i sabei erano probabilmente giudei viventi in Arabia).
Nonostante ciò, nell'estremismo islamico non troviamo solo un accanimento contro i supposti idoli che allontanano dalla corretta via, ma anche contro fedeli di altre religioni, in particolare cristiani.
Numerosi sono gli attentati rivolti contro cattolici, evangelici, ortodossi, copti, maroniti, armeni, compiuti anche nei loro luoghi di culto.

Ciò sta ad indicare, in modo ancora più evidente, che nel fanatismo islamico esiste una corrente che giunge fino a negare e profanare i valori della propria stessa fede.