“Pregò per la salvezza
dell'anima di Giuda Iscariota, perché pensava che nemmeno il suo
caso fosse disperato, perché Dio potrebbe avergli concesso la grazia
del pentimento finale nel momento in cui cadde dall'albero”.
Queste parole sono
pronunciate da padre Smith, il protagonista del romanzo “All
glorious within” (1944) di B. Marshall.
Sono parole che lasciano
un po' sorpresi, abituati come siamo a considerare Giuda il traditore
per eccellenza, un peccatore senza speranza.
La curiosità suscitata da questa frase ci induce a cercare di approfondire la figura di Giuda
prendendo in considerazione gli avvenimenti che lo concernono in
quanto solo partendo da questi si può tentare una comprensione
psicologica.
E' opinione diffusa che
il movente del tradimento sia stata la sete di denaro, il più vile
dei motivi.
Nell'episodio di Maria,
sorella di Lazzaro, che cosparge i piedi di Gesù con un unguento
prezioso (Giovanni 12, 1-6), narrato anche da San Matteo (26, 6-13) e
da San Marco (14, 3-9), sia pure con caratteristiche diverse, è
rivolta una importante accusa a Giuda il quale osserva che si
sarebbero potuti donare ai poveri i soldi ricavati dalla vendita di
quel costoso prodotto: “Non lo disse perché si curava dei poveri,
ma perché era un ladro: teneva la cassa comune, e prendeva quello
che c'era dentro” (Giovanni 12, 6).
D'altronde Giuda
“vendette” Gesù ai capi dei sacerdoti per un compenso in denaro
(Marco 16, 10-11; Luca 22, 3-6) quantificato da San Matteo (26,
14-16) in trenta monete d'argento.
Tuttavia, quando si
accorse delle conseguenze del suo gesto “ebbe rimorso”, restituì
le trenta monete d'argento buttandole nel tempio a seguito del
rifiuto dei capi dei sacerdoti di riceverle indietro. “Ho fatto
male, ho tradito un innocente, e andò a impiccarsi” (Matteo
27, 3-5).
Con quei soldi i capi dei
sacerdoti comprarono un campo, detto del Vasaio, che da allora fu
detto “Campo del Sangue” (Matteo 27, 6-10).
Negli Atti degli Apostoli
(1, 18-19) si ha una versione diversa. Giuda stesso avrebbe comprato
con quei soldi un campo e da quello si sarebbe precipitato a
capofitto in un baratro.
Molti studiosi ritengono
che le due versioni sulla morte di Giuda possano essere ridotte ad
una sola: Giuda si impiccò al ramo di un albero il quale si spezzò
precipitando in un dirupo.
Notiamo che Giuda non
solo si pentì, ma si accorse di avere tradito un innocente. Queste
parole sono molto significative in quanto denotano che Giuda si era
convinto di non avere tradito il Messia promesso da Dio, ma solo un
rabbi qualunque.
Attualmente vi è una
certa concordanza di opinioni nel ritenere che Giuda pensava a Gesù
come un Messia politico-militare (credenza assai diffusa nel mondo
ebraico), capace di sollevare le folle con l'aiuto di Dio in una
rivolta vittoriosa contro l'occupazione romana ed avrebbe agito per
precipitare quegli avvenimenti che auspicava e che non vedeva
realizzarsi. La ricompensa in denaro sarebbe stato un sotterfugio per
rendere plausibile il tradimento nascondendone i veri motivi.
In seguito, davanti
all'evidente smentita delle sue aspettative, avrebbe preso atto del
suo errore riconoscendo Gesù come un innocente senza nessuna pretesa
messianica.
D'altronde nel gruppo
degli apostoli non sarebbe stato il solo a nutrire tali aspettative.
Anche Simone (da non confondersi con Simon Pietro) faceva parte del
partito degli zeloti (Matteo 10, 1-4; Marco 8, 13-19; Luca 6, 12-16).
Nel Vangelo Apocrifo di
Giuda emergerebbe che egli avrebbe agito di concerto con Gesù
affinché si compissero le Scritture con la morte del Messia. Questo
Vangelo non autentico di cui esiste una copia in lingua copta
databile al IV secolo, sarebbe stato scritto intorno al 150 d.C. e
testimonia che alcune comunità cristiane non ritenevano il gesto di
Giuda un tradimento. Cerchiamo di capire se tale tesi può essere
sostenuta sulla base dei Vangeli Canonici.
Secondo San Giovanni (13,
26-30) Gesù, nell'ultima cena, porse un boccone di pane inzuppato a
Giuda dicendogli: “quello che devi fare, fallo presto” senza che
gli Apostoli capissero il significato di quelle parole. Fu una frase
di sfida od una esortazione ad agire in quanto era giunto il momento
? Il dubbio difficilmente può essere sciolto.
L'arresto di Gesù è
narrato con alcune varianti fra gli Evangelisti (Matteo 26, 47-56;
Marco 14, 43-50; Luca 22, 47-53; Giovanni 18, 3-12).
Il punto più controverso
è il bacio di Giuda. “Intanto Giuda si avvicinò a Gesù e disse:
salve Maestro! Poi lo baciò. Ma Gesù gli disse: amico, si faccia
quello che sei venuto a fare” (Matteo 26, 49-50). Secondo San Luca
(22, 47-49) Gesù rispose: “Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio
dell'Uomo?”. Nell'accezione di San Matteo si potrebbero ravvisare
parole di sincero affetto, così come un dialogo reciprocamente derisorio, mentre in quella di San Luca appare
evidente la condanna quasi con tratti ironici di un tradimento vero e
proprio. In mancanza di ulteriori dati appare molto difficile un approfondimento su base psicologica.
Ritengo di non avere le
competenze necessarie per esprimere un'opinione adeguata che lascio a
studiosi più autorevoli.
Penso che sia senz'altro più sicuro attenersi alla versione degli Evangelisti che parlano di tradimento anche se, come già
detto, non necessariamente motivato dall'avidità di denaro.
Per avere un quadro
completo bisogna ancora considerare le parole di condanna pronunciate
da Gesù e riportate con particolare vividezza da San Matteo ( 26,
24) e San Marco (14, 23) rispetto a San Luca (22, 23): “Il Figlio
dell'Uomo sta per morire così come è scritto di lui. Ma guai a
colui per mezzo del quale il Figlio dell'Uomo è stato tradito. Per
lui sarebbe stato meglio non essere mai nato!”.
Tali parole risultano
esplicite e dure. Tuttavia, ad un'attenta analisi, non sembrano
necessariamente riferirsi ad una condanna , ma ad una profezia: infatti, la figura di Giuda è diventata nei secoli sinonimo
di tradimento e peccato al punto tale che sarebbe stato meglio per
lui non essere mai esistito.
In queste parole non ci
sembra di ravvisare un giudizio definitivo, soprattutto se si
considera il contesto generale del Vangelo improntato al perdono
ribadito con forza sulla croce: “Padre, perdona loro perché non
sanno quello che fanno” (Luca 23, 24).
Concludiamo con
l'autorevole parere di Papa Benedetto XVI che, nell'udienza del 18
ottobre 2006 ha affermato che se anche il pentimento di Giuda è
degenerato nella disperazione con il suicidio, spetta solo a Dio, nella Sua infinita misericordia, misurare il suo gesto. Queste parole
ci riportano ancora al Vangelo: “Ciò che è impossibile agli
uomini è possibile a Dio” (Matteo 19, 26; Marco 10, 27; Luca 18,
27).
Alla luce di queste
considerazioni ci pare condivisibile la preghiera di B. Marshall,
alias padre Smith.
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