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lunedì 29 maggio 2017

La storia è l'eterna protesta per la libertà.
J. Michelet (1831)

Ogni risveglio autentico di vita cristiana, nella storia della chiesa, ha preso le mosse dal Vangelo.
M. Heim (2000)

Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi.
San Giovanni (8, 32)

giovedì 18 maggio 2017

"Perché a loro parli con parabole?"

“Perché a loro parli con parabole?”

Questa è la domanda che gli apostoli pongono a Gesù dopo il racconto della parabola del seminatore ad una folla riunita per ascoltarlo. 
La risposta fornita rappresenta uno dei punti più controversi del Nuovo Testamento considerata la discordanza fra i tre evangelisti sinottici (Matteo 13, 10-17; Marco 4, 10-12; Luca 8, 9-10).
Gli esegeti delle Sacre Scritture hanno fornito diverse interpretazioni, riassumibili nelle due seguenti. Le parabole sono usate per:
- proporre una riflessione che lasci liberi gli ascoltatori di avvicinarsi a Gesù per comprendere meglio,
- rendere il proprio messaggio parzialmente velato agli ebrei, in maggioranza poco ricettivi, affinché, di conseguenza, possa essere divulgato al mondo pagano che lo accetterà con una diffusione più vasta e universale.
Considerata la varietà delle traduzioni in italiano, preferiamo attenerci al testo greco di A. Merk (1992), nel tentativo di affrontare tale questione alla ricerca di una risposta che ci paia più convincente, in maggiore sintonia con il messaggio evangelico nel suo insieme.
Matteo: “perchè vedendo non vedono e udendo non odono e non comprendono”.
Marco: “affinché vedendo vedano e non capiscano e ascoltando ascoltino e non comprendano, e non si convertano e sia loro perdonato” citando Isaia 6, 9-10.
Luca: “affinché vedendo non vedano e vedendo non comprendano”.
Perché significa “a causa di” e affinché “al fine di”.
La versione di Matteo non pone particolari problemi interpretativi. La parabola, usata anche in precedenza da predicatori ebrei e successivamente dai rabbini, non costituisce una novità e presenta l'intento di spiegare un concetto astratto o di difficile comprensione con una storia generalmente tratta dalla vita quotidiana.
Le folle di gente povera, semplice, hanno più facilità a comprendere tramite tale modalità in quanto accettano il messaggio di Gesù e, anche se non lo comprendono totalmente, ne sono attratte. Infatti, seguono e talora inseguono il Messia per saperne di più.
Gli apostoli stessi chiedono chiarimenti sulla parabola del seminatore.
Secondo Matteo l'insegnamento tramite parabole avrebbe lo scopo di rendere più fruibile un messaggio altrimenti difficilmente accessibile, come viene spiegato poco dopo: “Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fino dalla fondazione del mondo” citando il Salmo 28, 2 (Matteo 13, 34-35). “Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro, ma in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa” (Marco 4, 33-34).
Le difficoltà interpretative nascono dalle versioni fornite da Marco e Luca che sembrano affermare l'esatto contrario rispetto a Matteo.
Ad un approccio psicologico quanto riferito da Matteo appare in sintonia con la globalità del messaggio contenuto nei Vangeli. Marco e Luca hanno frainteso le parole del loro Maestro?
Proviamo a cercare una soluzione al problema affidandoci ad una riflessione di Y. Redalié (2011): ”E' un'illusione che una sola voce umana possa essere la trascrizione perfetta della parola di Dio”.
Quando Giovanni Battista dal carcere (Matteo 11, 2-6; Luca 7, 18-23) invia due suoi discepoli a chiedere se è lui che deve venire, Gesù risponde mettendo in evidenza i miracoli compiuti, ma conclude: “e ai poveri è predicata la buona novella”.
Riportiamo ancora un passo con le parole di Matteo (11, 25-26), ma riferito anche da Luca (10, 21): “In quel tempo Gesù disse: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perchè così hai deciso nella tua benevolenza”.
Dopo il racconto della parabola della vigna e dei contadini omicidi (Matteo 21, 35-45; Marco 12, 1-12; Luca 20, 9-19), i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Da una parte troviamo le folle dei poveri, dei semplici, che sono ben disposte ad ascoltare il messaggio di Gesù e si sforzano di comprenderlo, potremmo dire con la mente e con il cuore.
Dall'altra vi sono i depositari della dottrina ortodossa giudaica, dotati di un ruolo che è anche di potere. Capiscono, ma con il loro atteggiamento preconcetto e ostile, tentano di muovere contro Gesù.
“Capire” ha un significato prevalentemente cognitivo-razionale, mentre “comprendere” ha anche un contenuto affettivo-relazionale (prendere insieme). Su questa differenza si basa la diversità di atteggiamento fra il popolo e i suoi capi religiosi.
Alla luce di queste considerazioni, la versione fornita da Marco e Luca appare psicologicamente comprensibile. Matteo riferisce la risposta di Gesù riguardante le folle, Marco e Luca ne riportano un'altra concernente i capi religiosi.
Entrambe le frasi sarebbero state pronunciate, probabilmente in momenti e contesti diversi.
Una conferma di tale ipotesi potrebbe provenire da una constatazione significativa: la conclusione di Marco “e non si convertano e sia loro perdonato”, che sarebbe riferita, in base a quanto detto, ai capi religiosi.
Gesù comprende che costoro hanno un ruolo da difendere e oppongono resistenza al messaggio evangelico. Infatti, Gesù dice: “A chi parlerà contro il Figlio dell'uomo, sarà perdonato, ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo, né in quello futuro” (Matteo 12, 32; Luca 12, 10).


Di dimensione divina sono la comprensione e la misericordia di Gesù che saranno ribadite con ancora più forza sulla croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23, 34).

martedì 9 maggio 2017

Una breve riflessione su psicoterapia e Vangelo

Sarebbe più corretto parlare di psicoterapie in quanto ne esistono diverse in base agli orientamenti teorici ed alla prassi, per cui si possono avere, ad esempio, terapie individuali e di gruppo.
Le terapie ad orientamento psicodinamico si basano sulla relazione terapeuta-paziente che si sviluppa in un arco di tempo generalmente lungo, mesi o anni, a meno che non venga stabilita già all'inizio una durata concordata, che può essere di dieci-quindici sedute, come si verifica nelle psicoterapie brevi rivolte ad affrontare problematiche centrate su una particolare tematica esistenziale.
Nella formazione dello psicoterapeuta risulta fondamentale avere compiuto un percorso formativo personale volto ad acquisire una consapevolezza introspettiva (insight) delle proprie problematiche inconsce in modo da riconoscerle e non confonderle con quelle che vengono proposte dai pazienti.
Lo psicoterapeuta può utilizzare le proprie difficoltà per entrare in sintonia con il paziente, ma deve essere consapevole di fornire un'adeguata risposta a quelle del soggetto in cura.
Ciò fa parte del processo empatico di cui si è già parlato.
L'empatia è rafforzata dall'esperienza che si matura nella prassi professionale: i migliori insegnanti sono proprio i pazienti.
Anche le esperienze di vita devono essere utilizzate per mantenere tale capacità e rinforzarla piuttosto che indebolirla con il rischio di incorrere nel burn-out, cioè di avere importanti difficoltà nell'esercitare la propria professione.
Prima di essere in grado di aiutare un'altra persona, lo psicoterapeuta deve avere acquisito una buona consapevolezza del proprio modo di affrontare le situazioni conflittuali e problematiche della vita affettiva e relazionale.
Quanto sinteticamente esposto può essere detto in modo ancora più coinciso ed efficace con un passo molto conosciuto del Vangelo.
“Perché stai a guardare la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nel tuo occhio hai una trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio: allora tu ci vedrai bene e potrai togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello” (Matteo 7, 3-5; Luca 6, 41-42).
Certamente tale frase ha una portata molto più vasta e universale rispetto a quanto detto delle terapie psicodinamiche che, a loro volta, presentano risvolti teorico-pratici assai più complessi rispetto a quelli esposti.
Al di là di analogie e differenze, si suggerisce ad ogni psicoterapeuta, di meditare e ricordare tale frase: ciò può essere quanto mai utile, basandomi sulla mia esperienza personale, per accrescere l'insight, al fine di esercitare in modo proficuo la propria professione, senza parlare della vita in generale.

La saggezza contenuta in queste parole, ha sicuramente un impatto emotivo immediato, utile nella pratica quotidiana più di tante speculazioni teoriche.         

giovedì 4 maggio 2017

A conferma di quanto pubblicato il 27/04/2017, si osserva che dal mondo dell'ateismo possono giungere contributi utili ed arricchenti per una riflessione in ambito cristiano.
G. Reale, filosofo e pensatore cattolico, cita Camus secondo il quale Gesù è venuto al mondo per affrontare due problemi che la filosofia non risolverà mai.
Primo: perché soffro?
Secondo : perchè nasco con appeso al collo il cartello “condannato a morte”?

Reale (2010) osserva che Gesù li ha presi su di sé, quindi li ha sacralizzati.