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giovedì 16 novembre 2017

Tradimento e pentimento

“Pregò per la salvezza dell'anima di Giuda Iscariota, perché pensava che nemmeno il suo caso fosse disperato, perché Dio potrebbe avergli concesso la grazia del pentimento finale nel momento in cui cadde dall'albero”.
Queste parole sono pronunciate da padre Smith, il protagonista del romanzo “All glorious within” (1944) di B. Marshall.
Sono parole che lasciano un po' sorpresi, abituati come siamo a considerare Giuda il traditore per eccellenza, un peccatore senza speranza.
La curiosità suscitata da questa frase ci induce a cercare di approfondire la figura di Giuda prendendo in considerazione gli avvenimenti che lo concernono in quanto solo partendo da questi si può tentare una comprensione psicologica.
E' opinione diffusa che il movente del tradimento sia stata la sete di denaro, il più vile dei motivi.
Nell'episodio di Maria, sorella di Lazzaro, che cosparge i piedi di Gesù con un unguento prezioso (Giovanni 12, 1-6), narrato anche da San Matteo (26, 6-13) e da San Marco (14, 3-9), sia pure con caratteristiche diverse, è rivolta una importante accusa a Giuda il quale osserva che si sarebbero potuti donare ai poveri i soldi ricavati dalla vendita di quel costoso prodotto: “Non lo disse perché si curava dei poveri, ma perché era un ladro: teneva la cassa comune, e prendeva quello che c'era dentro” (Giovanni 12, 6).
D'altronde Giuda “vendette” Gesù ai capi dei sacerdoti per un compenso in denaro (Marco 16, 10-11; Luca 22, 3-6) quantificato da San Matteo (26, 14-16) in trenta monete d'argento.
Tuttavia, quando si accorse delle conseguenze del suo gesto “ebbe rimorso”, restituì le trenta monete d'argento buttandole nel tempio a seguito del rifiuto dei capi dei sacerdoti di riceverle indietro. “Ho fatto male, ho tradito un innocente, e andò a impiccarsi” (Matteo 27, 3-5).
Con quei soldi i capi dei sacerdoti comprarono un campo, detto del Vasaio, che da allora fu detto “Campo del Sangue” (Matteo 27, 6-10).
Negli Atti degli Apostoli (1, 18-19) si ha una versione diversa. Giuda stesso avrebbe comprato con quei soldi un campo e da quello si sarebbe precipitato a capofitto in un baratro.
Molti studiosi ritengono che le due versioni sulla morte di Giuda possano essere ridotte ad una sola: Giuda si impiccò al ramo di un albero il quale si spezzò precipitando in un dirupo.
Notiamo che Giuda non solo si pentì, ma si accorse di avere tradito un innocente. Queste parole sono molto significative in quanto denotano che Giuda si era convinto di non avere tradito il Messia promesso da Dio, ma solo un rabbi qualunque.
Attualmente vi è una certa concordanza di opinioni nel ritenere che Giuda pensava a Gesù come un Messia politico-militare (credenza assai diffusa nel mondo ebraico), capace di sollevare le folle con l'aiuto di Dio in una rivolta vittoriosa contro l'occupazione romana ed avrebbe agito per precipitare quegli avvenimenti che auspicava e che non vedeva realizzarsi. La ricompensa in denaro sarebbe stato un sotterfugio per rendere plausibile il tradimento nascondendone i veri motivi.
In seguito, davanti all'evidente smentita delle sue aspettative, avrebbe preso atto del suo errore riconoscendo Gesù come un innocente senza nessuna pretesa messianica.
D'altronde nel gruppo degli apostoli non sarebbe stato il solo a nutrire tali aspettative. Anche Simone (da non confondersi con Simon Pietro) faceva parte del partito degli zeloti (Matteo 10, 1-4; Marco 8, 13-19; Luca 6, 12-16).
Nel Vangelo Apocrifo di Giuda emergerebbe che egli avrebbe agito di concerto con Gesù affinché si compissero le Scritture con la morte del Messia. Questo Vangelo non autentico di cui esiste una copia in lingua copta databile al IV secolo, sarebbe stato scritto intorno al 150 d.C. e testimonia che alcune comunità cristiane non ritenevano il gesto di Giuda un tradimento. Cerchiamo di capire se tale tesi può essere sostenuta sulla base dei Vangeli Canonici.
Secondo San Giovanni (13, 26-30) Gesù, nell'ultima cena, porse un boccone di pane inzuppato a Giuda dicendogli: “quello che devi fare, fallo presto” senza che gli Apostoli capissero il significato di quelle parole. Fu una frase di sfida od una esortazione ad agire in quanto era giunto il momento ? Il dubbio difficilmente può essere sciolto.
L'arresto di Gesù è narrato con alcune varianti fra gli Evangelisti (Matteo 26, 47-56; Marco 14, 43-50; Luca 22, 47-53; Giovanni 18, 3-12).
Il punto più controverso è il bacio di Giuda. “Intanto Giuda si avvicinò a Gesù e disse: salve Maestro! Poi lo baciò. Ma Gesù gli disse: amico, si faccia quello che sei venuto a fare” (Matteo 26, 49-50). Secondo San Luca (22, 47-49) Gesù rispose: “Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell'Uomo?”. Nell'accezione di San Matteo si potrebbero ravvisare parole di sincero affetto, così come un dialogo reciprocamente derisorio, mentre in quella di San Luca appare evidente la condanna quasi con tratti ironici di un tradimento vero e proprio. In mancanza di ulteriori dati appare molto difficile un approfondimento su base psicologica.
Ritengo di non avere le competenze necessarie per esprimere un'opinione adeguata che lascio a studiosi più autorevoli.
Penso che sia senz'altro più sicuro attenersi alla versione degli Evangelisti che parlano di tradimento anche se, come già detto, non necessariamente motivato dall'avidità di denaro.
Per avere un quadro completo bisogna ancora considerare le parole di condanna pronunciate da Gesù e riportate con particolare vividezza da San Matteo ( 26, 24) e San Marco (14, 23) rispetto a San Luca (22, 23): “Il Figlio dell'Uomo sta per morire così come è scritto di lui. Ma guai a colui per mezzo del quale il Figlio dell'Uomo è stato tradito. Per lui sarebbe stato meglio non essere mai nato!”.
Tali parole risultano esplicite e dure. Tuttavia, ad un'attenta analisi, non sembrano necessariamente riferirsi ad una condanna , ma ad una profezia: infatti, la figura di Giuda è diventata nei secoli sinonimo di tradimento e peccato al punto tale che sarebbe stato meglio per lui non essere mai esistito.
In queste parole non ci sembra di ravvisare un giudizio definitivo, soprattutto se si considera il contesto generale del Vangelo improntato al perdono ribadito con forza sulla croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23, 24).
Concludiamo con l'autorevole parere di Papa Benedetto XVI che, nell'udienza del 18 ottobre 2006 ha affermato che se anche il pentimento di Giuda è degenerato nella disperazione con il suicidio, spetta solo a Dio, nella Sua infinita misericordia, misurare il suo gesto. Queste parole ci riportano ancora al Vangelo: “Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio” (Matteo 19, 26; Marco 10, 27; Luca 18, 27).

Alla luce di queste considerazioni ci pare condivisibile la preghiera di B. Marshall, alias padre Smith.   

venerdì 10 novembre 2017

In verità Noi creammo l'uomo, e sappiamo quello che gli sussurra l'animo suo, e siamo a lui più vicini della vena grande del collo.
Corano L, 16