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mercoledì 7 giugno 2017

Alla ricerca della fonte Q nei Vangeli sinottici

Studiosi del Nuovo Testamento, provenienti da varie discipline, concordano a grande maggioranza sull'esistenza di una fonte, denominata Q dal tedesco Quelle, comune ai tre Vangeli sinottici di San Matteo, San Marco e San Luca.
La loro somiglianza, sia pure con delle diversità, lascia pensare, appunto, all'esistenza di una fonte comune a cui hanno attinto i tre evangelisti, soprattutto per la vita, le parole e le opere di Gesù, rimanendo a parte la Passione e la Risurrezione.
Si ritiene che tale fonte sia costituita:
- dalla predicazione orale degli apostoli dopo la morte e risurrezione di Gesù, in particolare quella di San Pietro che sarebbe fondamentalmente raccolta nel Vangelo di Marco,
- da scritti andati perduti, parzialmente confluiti nei Vangeli canonici e in quelli apocrifi, compresi i Loghia di Gesù, tratti dalla sua predicazione.
A tale proposito appare interessante l'affermazione di Papia (125 d.C., circa), probabilmente discepolo di San Giovanni, che ha scritto: “Matteo coordinò i detti in lingua ebraica; ciascuno poi li ha interpretati come poteva” (citato da Eusebio di Cesarea, 324 d.C., circa).
Vi è una generale concordanza di opinioni che Matteo abbia messo per iscritto in aramaico in modo non sistematico i suoi ricordi della vita di Gesù, raccogliendo anche altre testimonianze oculari.
Si ritiene che in un secondo tempo Matteo stesso abbia elaborato tale materiale nel suo Vangelo con una trama narrativa più strutturata, scrivendolo in greco.
Ciò richiama la discussione circa la priorità fra i Vangeli di Matteo e Marco, mentre esiste una concordanza di opinioni sul fatto che quelli di Luca e Giovanni siano posteriori.
La tradizione attribuisce la priorità a Matteo, mentre studi più recenti l'attribuirebbero a Marco.
Non è improbabile che la raccolta di detti in aramaico di Matteo sia antecedente ad ogni altro scritto, ma che il Vangelo di Marco venga prima di quello greco di Matteo.
Un'attenzione psicologica lascerebbe pensare che tale possa essere la successione dei fatti e che la fonte Q possa essere, almeno in parte, la raccolta scritta di detti in aramaico attribuita a Matteo.
Tale considerazione, presente nell'esegesi del nuovo testamento, ha avuto poco seguito ed è stata, anzi, rigettata come poco attendibile in quanto non sufficientemente suffragata da altre testimonianze (Wikipedia, fonte Q; J. Weiss, 1917).
Tuttavia, secondo il metodo di procedimento scientifico, per comprendere un determinato fenomeno occorre elaborare delle ipotesi prendendo in considerazione in prima istanza la più semplice sul piano epistemologico.
In questo caso la correlazione fra l'affermazione di Papia e la probabile origine della fonte Q appare la più attendibile considerata la vicinanza temporale. Inoltre, non vi sono altre testimonianze paragonabili a questa per importanza e la fonte Q materialmente non esiste se non come ipotesi esplicativa, non meglio identificata e specificata, delle somiglianze fra i tre Vangeli sinottici ed è stata proposta solo nel 1801 (H. Marsh).

Per approfondimenti bibliografici si rimanda alla bibliografia del saggio “Credere per ragione” del 11/01/2017.

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