Presso le comunità
cristiane del I° secolo d.C. era diffusa la credenza che la fine del
mondo fosse imminente a tale punto che i primi fedeli erano convinti
di assistere essi stessi a questo evento, come attesta anche San
Paolo (2 Tessalonicesi 2, 1-2).
Andando contro l'esegesi
più accreditata del Nuovo Testamento, H. Küng
(2012) si dice convinto che tale idea fosse riconducibile alla parole
stesse pronunciate da Gesù.
A
duemila anni di distanza possiamo testimoniare che tale profezia non
si è avverata. Gesù si è sbagliato o ha mentito? Tale ipotesi è
da rigettare come totalmente assurda sotto ogni punto di vista,
teologico e psicologico in primo luogo. Anche Küng
ne sarebbe d'accordo.
E'
opinione prevalente fra gli esegeti del Nuovo Testamento che tale
credenza fosse presente in base al discorso escatologico di Gesù,
riferito dai tre evangelisti sinottici, San Matteo, San Marco, San
Luca, che si dimostra di non facile interpretazione tanto da lasciare
pensare che essi stessi abbiano avuto difficoltà a comprenderlo
(Matteo 24, 1-36 e 25, 31 46; Marco 13, 1-37; Luca 21, 5-36).
Le
difficoltà nascerebbero dalla sovrapposizione di tre diverse
profezie.
-
La prima, inerente il Regno di Dio, ha un valore più immanente che
trascendente in quanto si riferisce all'affermarsi della volontà di
Dio su questa terra in modo lento, graduale, costante e inarrestabile
fino ai confini del mondo.
-
La seconda riguarda la distruzione del Tempio di Gerusalemme avvenuta
nel 70 d.C. ad opera dei romani durante la prima guerra giudaica.
-
La terza si riferisce alla Parusia, cioè il ritorno di Gesù Cristo
nella sua gloria divina per giudicare i vivi e i morti. Sarebbe ciò che viene comunemente denominato
Giudizio Universale che, secondo la profezia, avverrà dopo guerre,
terremoti, carestie, pestilenze, persecuzioni contro i discepoli e la
comparsa di falsi profeti, ma solo dopo che il Vangelo sarà
proclamato a tutte le genti.
Le
difficoltà di interpretazioni derivano dalle seguenti frasi.
“In
verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto
questo accada. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non
passeranno. Quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno lo sa, neanche
gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Matteo
24, 34-36).
“In
verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte
queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie
parole non passeranno. Quanto poi a quel giorno e a quell'ora,
nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo, e neppure il
Figlio, ma solo il Padre” (Marco 13, 30-32).
“Così
pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno
di Dio è vicino. In verità vi dico: non passerà questa generazione
finché tutto sia avvenuto. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie
parole non passeranno” (Luca 21, 31-33).
La
frase più problematica è: “non passerà questa generazione finché
tutto sia avvenuto”.
Per
orientarci in questo discorso molto complesso ci può essere di aiuto
una riflessione di Erasmo da Rotterdam (1516) il quale osservava che
per quanto riguarda l'Aldilà Gesù ha detto molto poco, considerando che il suo messaggio
fondamentale è rivolto alla vita terrena. Erasmo aggiunge che quanto
non è chiaro nei Vangeli al momento attuale, lo potrà divenire in
futuro alla luce di nuovi eventi.
Infatti,
nel Vangelo di Luca si trova un passo, assente negli altri due
sinottici, sul fatto che Gerusalemme sarà circondata da eserciti e
calpestata dai pagani (Luca 21, 20-24).
E'
opinione ampiamente condivisa che i Vangeli di Matteo e Marco siano
stati scritti prima del 70 d.C., mentre quello di Luca intorno a tale
data o poco dopo. In questo caso, considerato che l'assedio a
Gerusalemme durò alcuni mesi dopo una guerra di circa quattro anni,
Luca poteva essere al corrente di fatti sconosciuti agli altri due
evangelisti.
Se
si tengono presenti le osservazioni circa la validità psicologica
della testimonianza oculare e del suo ricordo nel tempo (Credere per
ragione del 11/01/2017) si può considerare come altamente probabile
che gli evangelisti, non riuscendo a orientarsi con facilità tra
queste parole di Gesù, abbiano attribuito a tutto il suo discorso
una frase che era riferita solo alla distruzione del Tempio che si
verificò quando era ancora in vita una buona parte della sua
generazione.
Inoltre,
appare utile precisare che alla distruzione del Tempio veniva
conferito un significato teologico-storico particolare come
transizione tra la vecchia tradizione della Legge ebraica e il nuovo
messaggio cristiano, tra l'Antico ed il Nuovo Testamento (Benedetto
XVI, 2011). Il Regno di Dio non è più chiuso entro delle mura,
accessibile solo ai sommi sacerdoti, ma è ovunque in mezzo alla
gente.
Il
discorso escatologico s'inserisce nel messaggio immanente che pervade
i Vangeli: vigilate e siate pronti perché Dio può manifestarsi in
ogni momento.
La
frase riferita a quel giorno e a quell'ora conosciuta solo dal Padre
assume, per come è formulata, una rilevanza che la evidenzia
rispetto al restante discorso e sembra riferirsi in modo particolare
proprio al momento della Parusia descritta come improvvisa e rapida
come un fulmine.