“Propriamente compreso,
il Gesù storico è un baluardo contro la riduzione della fede
cristiana, in generale, e della cristologia, in particolare, a
un'importante ideologia di qualsiasi genere. Il suo rifiuto di farsi
intrappolare da qualunque scuola di pensiero è ciò che guida gli
studiosi a intraprendere nuovi percorsi; di conseguenza, il Gesù
storico rimane uno stimolo costante per il rinnovamento teologico.
Per questa sola ragione, il Gesù della storia merita le fatiche
della ricerca, comprese le fatiche iniziali per determinare
categorie, fonti e criteri affidabili” (J.P. Meier, 1991. Un ebreo
marginale. Ripensare il Gesù storico. Queriniana, Brescia, 2001).
Meier propone cinque
criteri principali per determinare ciò che è attribuibile
direttamente a Gesù:
- criterio
dell'imbarazzo: parole di Gesù che mettono in imbarazzo la chiesa
primitiva la quale, comunque, non ha provveduto a modificarle o
cancellarle,
- criterio della
discontinuità: parole o fatti di Gesù in aperto contrasto con la
tradizione giudaica anteriore o contemporanea e con gli assunti della
chiesa primitiva successiva,
- criterio della
molteplice attestazione: detti o fatti di Gesù che sono attestati da
più fonti,
- criterio della
coerenza: congruità di detti e fatti con quelli analizzati con i
criteri precedenti,
- criterio del rifiuto e
dell'esecuzione: ricercare quali episodi condussero all'arresto di
Gesù, al suo processo ed alla sua morte.
Meier propone anche
cinque criteri secondari che considera assai meno probanti:
- ricerca di indizi
aramaici: eventuali derivazioni del testo greco dal vocabolario e
dalla sintassi aramaica,
- congruenze o
incongruenze con l'ambiente palestinese dell'epoca,
- vivacità della
narrazione: presenza di descrizioni di particolari poco importanti
che deporrebbero a favore di testimonianze oculari,
- tendenze di sviluppo
della tradizione sinottica: eventuali variazioni del testo,
- criterio della
presunzione storica: confronto con ricerche su eventi contemporanei a
quelli descritti.
L'autore ritiene che ogni
criterio considerato singolarmente contenga importanti limitazioni di
applicazione per cui appare fondamentale un uso incrociato.
Tale impostazione
metodologica non può che essere accettata e condivisa per la
profondità e ricchezza delle osservazioni esposte.
Tuttavia, può comportare
il rischio di una frammentazione eccessiva dei testi evangelici
facendo perdere di vista l'insieme del messaggio basato sul Regno di
Dio, le cui componenti essenziali sono l'amore e il perdono, che
rappresentano il fondamentale “contatto” con la figura unica del
Gesù della storia.
Il modello psicologico
proposto in “Credere per ragione” del 11/01/2017 è basato su due
assunti principali:
- la comprensione
empatica del testo,
- lo studio del ricordo
che nel tempo va incontro a trasformazioni che non sono solo
negative, tendenti all'oblio, ma anche di arricchimento, in quanto
episodi nuovi permettono una comprensione maggiore ed una
rievocazione più precisa e consapevole di frasi che erano state
pronunciate, talora in modo piuttosto enigmatico.
Un esempio fondamentale è
rappresentato dalla continuità psicologica e di stile narrativo fra
i racconti della Passione e quelli della Risurrezione. Quest'ultima,
in particolare, ha permesso la comprensione e la rievocazione di
predizioni proferite da Gesù. Solo il loro avveramento ha reso
possibile la consapevolezza del ricordo da parte dei discepoli.
Un ulteriore esempio è
rappresentato dall'episodio dell'adultera nel Vangelo di San Giovanni
(8, 1-11). Da molti è considerato, in base all'analisi linguistica e
in quanto mancante in alcuni canoni più antichi, un'aggiunta
successiva ad opera di qualche discepolo di San Giovanni. Tale
constatazione condurrebbe secondo alcuni criteri alla conclusione che
tale episodio sia falso.
Eppure l'analisi
psicologica ci può condurre a considerare l'esatto contrario.
La ricchezza di
particolari descrittivi (Gesù traccia dei segni con un dito
nella polvere) e, soprattutto, il contesto in assoluta sintonia con
il messaggio evangelico, propongono l'eventualità che l'inserimento
successivo sia stato motivato dall'esigenza che un fatto
così significativo non cadesse nell'oblio.
Il discepolo in questione
poteva essere un testimone oculare dell'episodio, o averlo raccolto
dalla viva voce di San Giovanni stesso, ritenendo che non poteva
rischiare di essere dimenticato. Si può ancora ipotizzare che
facesse parte della tradizione orale considerata assolutamente
affidabile e, quindi, inserito anche a distanza di tempo per
un'esigenza di completezza.
Il modello psicologico si
basa sulla possibilità di una vicinanza empatica anche a distanza di
tempo con i racconti degli evangelisti e sulla comprensione che
diversità e discrepanze possano essere legate all'evoluzione del
ricordo oltre al fatto che non tutti i discepoli erano costantemente
presenti e, a loro volta, si sono attenuti a racconti dei loro
compagni.
Un esempio è la
Trasfigurazione (Matteo 17, 1-8; Marco 9, 2-8; Luca 9, 28-36) di cui
sono stati testimoni solo San Pietro, San Giovanni e San Giacomo.
Basti ricordare, per
concludere, che San Luca non faceva parte della cerchia dei
discepoli, ma si è aggiunto in secondo momento.